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Rivista n. 03/2025


Sommario

 

L’Editoriale

                 

Sezione 1 | L’approfondimento

  • doc. 01 | Quando sostenibilità significa (davvero!) environmental; social and governance. Alcune riflessioni sull’ultimo report del Canadian Sustainability Standards Board di CAMILLA DELLA GIUSTINA • pag. 1

  • doc. 02 | La gestione delle biomasse vegetali spiaggiate: il caso della posidonia. Nota a Cassazione Penale, Sezione III, Sentenza 18 agosto 2025, n. 29543 di LUCA PIATTI • pag. 7

  • doc. 03 | “Chi inquina paga”… anche nel passato? Contaminazioni storiche, principio di legalità e obblighi di bonifica a valle della sentenza n. 2186/2025 del Consiglio di Stato di SIMONE SPINELLI • pag. 18

  • doc. 04 | Le novità introdotte dal Decreto “Terra dei fuochi”, convertito con modifiche in Legge 3 ottobre 2025 n. 147 di ENRICO NAPOLETANO • pag. 26

                 

Sezione 2 | Interpelli ambientali

  • Interp. 1 | Tutela delle acque • pag. 71

  • Interp. 2 | Bonifiche • pag. 71

  • Interp. 3-4 | Economia circolare • pag. 73

  • Interp. 5 | Autorizzazioni ambientali • pag. 77

                 

Sezione 3 | Giurisprudenza rilevante

  • Sent. 1-8 | Giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione • pag. 82

  • Sent. 9-12 | Giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato • pag. 84

  • Sent. 13 | Giurisprudenza del Tribunale Amministrativo Regionale – TAR • pag. 84

                 

Sezione 4 | Aggiornamenti da S.N.P.A.

  • REP 1 | Report ambientali • pag. 89



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L'editoriale di Enrico Napoletano


Decreto terra dei fuochi: quale prospettiva in vista della Direttiva UE 2024/1203?


Il Decreto-Legge n. 116 dell’8 agosto 2025, convertito nella Legge 3 ottobre 2025 n. 147, conosciuto come “Decreto Terra dei Fuochi”, rappresenta uno dei più significativi interventi normativi italiani degli ultimi anni in materia di tutela penale dell’ambiente. Nato in un contesto di emergenza territoriale e sanitaria, esso mira non solo a reprimere le condotte illecite legate alla gestione dei rifiuti e ai roghi tossici, ma anche a restituire dignità e sicurezza ai territori martoriati da decenni di sversamenti abusivi, in primis la vasta area compresa tra le province di Napoli e Caserta. Tuttavia, la portata di questo provvedimento va ben oltre l’intervento emergenziale: esso anticipa, almeno in parte, le linee direttrici della Direttiva UE 2024/1203 sulla tutela penale dell’ambiente, che entro il 2026 dovrà essere recepita dagli Stati membri. Si delinea così un’occasione storica per l’Italia, chiamata a trasformare un’emergenza in un laboratorio giuridico avanzato di transizione ecologica e di rafforzamento del diritto penale ambientale.

 

Il decreto nasce anche sotto la pressione internazionale: la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza del 30 gennaio 2025, ha condannato l’Italia per l’incapacità di garantire la salute dei cittadini della Terra dei Fuochi, imponendo al Governo di presentare un piano d’azione entro settembre dello stesso anno. In risposta, il legislatore ha costruito un impianto normativo che unisce esigenze di repressione penale, strumenti amministrativi di controllo e misure di giustizia riparativa. Il provvedimento ridisegna la fisionomia dei reati ambientali, trasformando molte contravvenzioni in delitti, ampliando il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex D.lgs. 231/2001 e introducendo aggravanti specifiche in caso di pericolo per la vita o per la salute delle persone. Non meno rilevante è l’estensione delle misure di polizia giudiziaria, come l’arresto in flagranza differita e l’uso di sistemi di videosorveglianza per contrastare l’abbandono dei rifiuti. L’attenzione del legislatore, tuttavia, non si limita alla repressione: si affaccia una logica di prevenzione, che riconosce l’interdipendenza tra sicurezza ambientale, salute pubblica e coesione sociale.

 

Se il decreto ha avuto il merito di riaprire un dibattito strutturato sul diritto penale ambientale, è però nella prospettiva del recepimento della Direttiva UE 2024/1203 che il suo significato assume un respiro più ampio. La Direttiva, approvata l’11 aprile 2024, impone agli Stati membri di ridefinire entro il 21 maggio 2026 le proprie norme penali in materia ambientale, introducendo criteri più stringenti di tipizzazione dei reati e di proporzionalità delle sanzioni. Essa supera le carenze delle precedenti Direttive 2008/99/CE e 2009/123/CE, accusate di aver lasciato troppo spazio alle discrezionalità nazionali e di aver favorito un’eterogeneità interpretativa incompatibile con l’obiettivo di una tutela uniforme dell’ambiente. Il “bene ambiente”, inteso nella sua accezione più ampia — comprendente aria, acqua, suolo, ecosistemi e biodiversità — diventa oggetto di una protezione penale autonoma, svincolata da logiche settoriali e centrata sulla prevenzione del danno sistemico.

 

L’Italia, in tal senso, si trova in una posizione peculiare: da un lato, la legge 68/2015 aveva già introdotto nel codice penale il Titolo VI-bis dedicato ai delitti contro l’ambiente, ponendosi come pioniera in Europa; dall’altro, l’applicazione pratica di tali norme ha mostrato limiti evidenti, dovuti all’uso di concetti giuridici indeterminati come “compromissione” o “deterioramento significativo e misurabile”, che hanno generato difficoltà interpretative e contenziosi. La Direttiva 1203/2024 chiede ora di superare tale vaghezza attraverso una maggiore precisione terminologica e una armonizzazione sostanziale tra gli ordinamenti europei. Essa insiste sulla necessità di punire non solo le condotte intenzionali ma anche quelle dovute a “grave negligenza”, riconoscendo che la colpa ambientale, spesso sistemica, non può essere esclusa dal perimetro della responsabilità penale.

 

In questo scenario, il Decreto Terra dei Fuochi rappresenta una sorta di banco di prova nazionale. Le sue modifiche al D.lgs. 152/2006 e al D.lgs. 231/2001 vanno nella direzione tracciata dall’Unione: l’inasprimento delle pene per il traffico illecito di rifiuti e per le attività organizzate, la previsione di aggravanti legate al pericolo per la vita e la salute, l’estensione delle sanzioni pecuniarie e interdittive per gli enti, sono tutti segnali di una convergenza anticipata verso i principi europei di effettività, proporzionalità e dissuasività. La stessa esclusione della particolare tenuità del fatto per una serie di reati ambientali gravi (art. 131-bis c.p.) testimonia un cambio di paradigma culturale: la tutela dell’ambiente non è più considerata un bene disponibile né una mera questione di ordine amministrativo, ma un valore costituzionale primario.

 

La prospettiva futura impone però di andare oltre la repressione. La Direttiva 1203/2024 introduce una visione sistemica che l’Italia dovrà fare propria: il diritto penale come strumento di ultima istanza in un sistema integrato di prevenzione, controllo e riparazione. Ciò significa investire su meccanismi di cooperazione tra autorità giudiziarie, enti territoriali e soggetti economici, rafforzare la formazione tecnica dei magistrati e delle forze di polizia ambientale, ma anche promuovere la cultura della compliance ambientale nelle imprese. La responsabilità degli enti, in particolare, si consolida come frontiera decisiva. Non più solo reazione punitiva, ma incentivo alla costruzione di modelli organizzativi efficaci, capaci di prevenire le condotte illecite e di assicurare trasparenza nella gestione delle risorse naturali e dei rifiuti.

 

Guardando al futuro, il binomio Decreto Terra dei Fuochi – Direttiva 1203/2024 delinea la traiettoria di un diritto ambientale penale europeo che si fonda su tre pilastri: certezza, proporzionalità e cooperazione. Certezza, nella definizione rigorosa delle fattispecie e dei confini della responsabilità; proporzionalità, nel calibrare la risposta sanzionatoria alla gravità del danno ecologico e al grado di colpa; cooperazione, nella costruzione di un network investigativo e giudiziario transnazionale in grado di affrontare i crimini ambientali nella loro dimensione globale. La sfida italiana sarà quella di tradurre queste direttrici in un corpus normativo coerente, capace di tutelare l’ambiente non solo come bene giuridico ma come condizione esistenziale e patrimonio comune delle generazioni future.

 

In definitiva, il Decreto Terra dei Fuochi, pur nato in risposta a un’urgenza territoriale, può diventare il simbolo di una nuova stagione del diritto penale ambientale, in cui la repressione dell’illegalità si accompagna alla rigenerazione dei territori e alla ricostruzione della fiducia tra istituzioni e cittadini. Nel dialogo con la Direttiva 1203/2024, esso offre all’Italia l’opportunità di guidare l’evoluzione europea verso una giustizia ambientale che non sia più emergenza, ma sistema.

 
 
 

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